INFINITO LIMITATO

 Equazioni di Vita




  - È una contraddizione, non può esistere qualcosa del genere.                                                               

  - E chi ha stabilito che le contraddizioni non possono coesistere?                                                            

- ...                                                                                                                                                                

Mi sorprende vedere che non accetti l’idea che un fenomeno possa essere infinito e al contempo limitato.                                                                                                                                                         

 - Esattamente così.                                                                                                                                      

 - In un mondo ideale forse, ma nella realtà, spesso accade che convivano fianco a fianco.                

Il dialogo continua. Lei introduce il confronto con i limiti, trovando in essi una chiave per esprimere e spiegare il concetto che le preme.                                                                                                           

Storia numero uno: 

Nel cuore di un'Europa balcanica sospesa nel tempo, tra le strade dell'Albania degli anni settanta, in un'epoca dove i sogni si piegavano alle rigide decisioni del Partito, una giovane ragazza, simile a tante altre della sua età, determinata e modesta ma di un'influenza profonda, cercava di aprire la strada verso l'università.

Con la media perfetta del 10 su 10, lei sognava di seguire le orme del padre, e diventare medico scenziato, per curare le ferite dell'anima e del corpo della gente. Nella sua domanda per seguire gli studi all'università, scrisse "medicina" tre volte, come un inno alla sua passione. Il destino, incarnato nel Segretario del Partito Comunista, aveva altri piani. Nessuno dei suoi genitori era affiliato al Partito e, quell'anno, una nuova legge privilegiava i giovani che provenivano da famiglie in cui non c'erano laureati. Così, le porte dell'università le furono chiuse. Gli sguardi indagatori degli altri insinuavano la presenza di un "nemico del proletariato" nel suo albero genealogico. Le conseguenze erano gravi: niente lavoro, niente marito, niente futuro certo. Dopo innumerevoli lacrime e proteste, il Partito, in un gesto di generosità fasulla, le concesse di studiare scienze della terra. Ma il suo cuore batteva per la matematica. Era cresciuta con lo slogan: "Chi domina l'arte dei numeri, custodisce la chiave dell'universo." Con un colpo di fortuna, riuscì a scambiare il corso con un altro studente, avvicinandosi così al suo autentico sogno: diventare una matematica, una scienzata, seguendo le orme della sua passione verso la conoscenza, la ricerca e la scoperta, come stelle che illuminano il buio della notte.

Iniziò a insegnare nelle scuole superiori e ogni giorno cercava di rispecchiare la sua professoressa del liceo.

Quella donna, con i suoi quarant'anni, possedeva un modo unico di comunicare con gli studenti: li incoraggiava o li rimproverava con dolcezza, sempre utilizzando la terza persona. 

Mira adorava profondamente la sua professoressa e sognava di diventare come lei. Persino il suo grembiule bianco le piaceva: con i bottoni spostati sul lato sinistro e una sola tasca da cui tirava fuori un fazzolettino bordato di merletto.

La sua statura media era elegantemente esaltata da scarpe a tacco medio, sempre nere, in armonia con i suoi capelli neri. Tra questi due punti di inizio e fine, non si mostrava mai con più di un altro colore. Nel suo aspetto si scorgeva un'immagine adorabile delle donne dell'ovest, quelle che si intravedevano nei programmi della RAI. 

Era maestra nel spiegare la sua materia, ma anche nell'intessere un rapporto speciale con le sue studentesse. Le faceva sentire importanti, capaci di andare avanti senza dover necessariamente dipendere da una figura maschile. Nella vita dovevano essere loro a scegliere, non ad essere scelte.

Tutti questi ricordi riaffiorarono nella mente di Mira quando sua figlia, Anila, si trovò davanti a una scelta. Anche lei adorava la sua professoressa. Era un bene o un male? Solo il tempo lo avrebbe detto, in quel gioco eterno di equazioni e trasformazioni che è la vita.

Storia numero due:

Continente: Europa. Paese: Italia. Secolo: XXI. Anno: 2006.

Lei, con l’animo colmo di speranze, sta per concludere la terza media con ottimi voti in tutte le materie. Diversamente da sua madre, si sente fortunata perché vive in un paese democratico da mezzo secolo. Sogna di diventare insegnante come la sua professoressa di lettere, il suo faro, il suo punto di riferimento. Quando la professoressa parla di un'opera letteraria, è come se dipingesse un quadro davanti ai suoi occhi, rendendo ogni parola viva e vibrante.

Anila ricorda con affetto il primo giorno di scuola, quando la professoressa, leggendo il suo nome, le chiese delle sue origini. Poi aggiunse che la sua presenza era un test per quanto lei stessa conoscesse della cultura albanese. La professoressa portava in classe le novità letterarie, facendo conoscere ai ragazzi autori come il vincitore del premio Nobel Orhan Pamuk e il vincitore del Man Booker International Prize Ismail Kadare. 

Anila desiderava ardentemente diventare come la sua professoressa, avere la sua forza e il suo coraggio. Ammirava il suo modo di vedere il mondo attraverso una lente "relativa", riconoscendo che ogni cultura possiede i propri pregi. La professoressa sosteneva che questi pregi, messi insieme, rappresentano il tesoro del nostro mondo.

Durante le discussioni in classe sull’integrazione degli stranieri, Anila difendeva sempre l’idea che l'istruzione fosse la chiave per un inserimento dignitoso. Ma la realtà era più complessa. «Le scuole superiori si avvicinano e tra poco dovrò decidere uno dei tanti percorsi importanti della mia vita. Per me, che sono una straniera, non si tratta solo di "scegliere perché mi piace". Se scegliessi la strada per diventare insegnante, la mia "validità di lavoro" non avrebbe riconoscimento. La legge non permette agli stranieri di partecipare ai concorsi pubblici,» scriveva Anila in un compito in classe.

-Vorrei spiegartelo meglio - continua Mira la discussione con la sua amica.                          

- Possiamo fare riferimento alla funzione dell’inserimento sociale dello straniero:               

y = b – a/x, dove la x rappresenta la variabile dei valori dell’istruzione scolastica, la “a” l’indice di  inserimento dello straniero, la “b” la legge che limita la partecipazione ai concorsi pubblici. Con l'aumentare dell'istruzione (x), il rapporto a/x diventa molto piccolo e l'inserimento rimane limitato dalla legge (b). Il grafico si avvicina alla retta b, ma non la oltrepassa. La crescita dell’istruzione può essere infinita, ma l’inserimento rimane limitato.»


- Ho capito perché continuavi a dire “infinito limitato”. - dice la sua amica.                                      

Con un sorriso velato di tristezza, Mira risponde:                                                                                     

Sono felice che mia figlia ammiri la sua professoressa e desideri diventare come lei, ma temo la delusione che potrebbe incontrare.

Nel suo diario, Anila annota: «Mi sembra che la legge mi sussurri: "Finché vuoi istruirti nella scuola italiana sei libera di farlo, ma istruire gli altri non te lo permetto." Con amarezza aggiunge:                 

"A mia madre è stato tolto il diritto di scegliere cosa studiare perché viveva in un sistema totalitario; a me viene negato perché vivo in un sistema democratico? Ma allora, quale sarebbe il sistema dove certi diritti non vengono negati?»

Già… qual è?

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- E così, l'infinito e il limitato continuano a coesistere, due facce di una stessa medaglia, in una sinfonia eterna di desideri e realtà, di speranze e ingiustizie.

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